Se ognuno di noi imparasse ad “ascoltare il proprio corpo” e prestasse maggiore attenzione ai segnali che esso ci manda, probabilmente saremmo in grado di affrontare le cosiddette malattie in maniera più consapevole e senza paura dell’ignoto. E’ necessario rendersi conto che ogni sintomo é legato ad una motivazione precisa che non é solamente legata ad agenti esterni (come il classico colpo d’aria) ma anche a cause più profonde legate al nostro “sentito biologico”, al nostro modo di comportarsi e di affrontare alcuni eventi che ci capitano nella vita.
Propongo quindi un articolo semplice quanto illuminante sul legame tra la malattia e le emozioni. Un articolo che può aprire la mente alle persone che si relazionano con questi argomenti per la prima volta.
Namasté.
Laura
Quale ruolo hanno le nostre emozioni e i nostri stati d’animo nell’insorgere dei disturbi e delle patologie che affliggono il nostro corpo?
Se l’anima si ammala essa consuma il nostro corpo
Ippocrate
Ci hanno sempre spinto a credere e a vedere il corpo come una macchina che, come ente a sé, funziona nel suo rigoroso automatismo, non credendo che in realtà il benessere o il malessere possa dipendere dalla nostra dimensione immateriale: quella degli stati affettivi. Non ci si ammala per caso o per pura fatalità, ma la nostra dimensione corporale risente in modo profondo del costante intreccio tra le varie dimensioni immateriali – spirituale, emozionale, psichica – che ci compongono e di cui noi siamo parte e tutto. Ogni malattia, ogni semplice indizio che il nostro corpo ci manifesta, in realtà, è sintomo e voce di un processo molto più profondo e di un disagio che si concretizza prima nella non materia per poi esprimersi in maniera manifesta nel concreto della nostra carne.
Ricerchiamo primariamente la causa nell’alimentazione, nell’ambiente e nei nostri geni che come tracce indelebili ci guidano e plasmano la nostra esistenza, non rendendoci conto che il nostro malessere e la nostra sofferenza fisica trovano, innanzitutto, origine prima in quel mondo sottile, in quel mondo energetico di cui noi stessi siamo composti e ci avvolge e che determina in ogni istante la nostra salute. La medicina ufficiale ci insegna che nel momento in cui insorge il sintomo c’è una chiara disfunzione a livello organico o cellulare e che basta aggiustare, per così dire, la parte malfunzionante per far sì che l’intera macchina ritorni a funzionare in modo perfetto. Eppure ci sono casi in cui pur avendo aggiustato l’ingranaggio o il processo disfunzionale, pur avendo oliato i vari meccanismi con gli adeguati trattamenti e le giuste terapie farmacologiche il disagio è lì, in silenzio, pronto per manifestarsi in modo ancora più invasivo. Perché tutto ciò? Perché da determinati malesseri non si riesce a guarire? O meglio, perché a volte viene aggiustata la superficie, ma il disturbo ricompare o si manifesta in modo del tutto diverso?
Oggigiorno, ciò che a noi è negata è la grande verità sulla nostra straordinaria natura. Ci hanno insegnato a guardare a tutto ciò che ci accade con le lenti scure della menzogna, attribuendo ogni malattia alla sola dimensione biologica e/o ambientale. In realtà le cose non stanno proprio così perché tutto ciò che ci accade, tutto ciò che si manifesta nella nostra dimensione corporale sotto forma di patologia, altro non è che riflesso di un primo malessere interno della sfera dei nostri sentimenti, della nostra componente affettiva che chiaramente si va ad intrecciare in una danza armonica alle varie dimensioni esterne (sociale, ambientale ecc).
Studi ed anni di ricerche nel campo delle emozioni ci hanno indirizzato verso la comprensione dei meccanismi fisiologici e dei processi biochimici implicati nell’insorgere dell’emotività. Una vasta letteratura nel campo, ci illustra come queste siano funzionali per l’essere umano affinché possa muoversi nel grande ventaglio dell’esistenza. Ma più che vederle come il nostro fondamento, esse sono state più volte ridotte a un prodotto, viste come risposte funzionali che l’essere umano mette in atto di fronte a stimoli specifici. Questo è sì vero, ma è vero pure che queste sono il primo indizio che noi abbiamo sui sussulti e sui moti del nostro spirito. Le emozioni ci parlano di noi e degli altri, ci guidano e danno senso alla nostra esistenza. Non esiste essere umano che non senta o sperimenti un’emozione. Esse sono ontologiche: energie che ci indirizzano e che determinano il prossimo passo a partire dal quale muoverci. Sono la fonte del nostro benessere e al contempo del nostro malessere. Veri e propri campanelli d’allarme energetici e non semplici affezioni del cuore, esse ciò indicano se la strada che stiamo percorrendo è giusta o sbagliata.
In virtù di ogni emozione sperimentata si attivano le relative strutture cerebrali, le quali a loro volta implicano una ridistribuzione dell’energia nervosa sui relativi organi coinvolti. Le emozioni sviluppano delle modificazioni a carico di organi ed apparati, e viceversa. Sperimentare emozioni negative (rabbia, ostilità, tristezza, paura ecc) in modo continuativo e permanente fa sì che ci sia un mutamento nella funzionalità organica e cellulare del nostro corpo che a lungo andare manifesterà l’eccesso di energia distruttiva sotto forma di disturbo fisico. Organi centrali e periferici del corpo sono tutti interconnessi da una rete informativa multidimensionale (attualmente studiata dalla PNEI psico-neuro-endocrino-immunologia), rete che trasmette informazioni a tutti i livelli gerarchici- organici e cellulari- e la perturbazione di un suo nodo porta inevitabilmente a ripercussioni su tutto l’insieme. L’azione di danno è promossa dalla specifica attività di neurotrasmettitori e neuropeptidi, i quali rilasciati con continuità dalla presenza di emozioni negative, stimolano i rispettivi recettori e auto-ossidano, producendo radicali liberi, che danno vita a sequenze di processi patologici, in grado di danneggiare seriamente le cellule nelle quali si attivano. La loro azione si attua sia nell’area cerebrale di produzione, sia negli organi periferici dotati di recettori sulle membrane cellulari in grado di riconoscerli e reagire di conseguenza.
Non ci rendiamo conto dello stretto rapporto che intercorre tra la nostra dimensione spirituale e la nostra dimensione materiale in quanto ci hanno insegnato a credere a tutto ciò che si vede, non pensando che in realtà, il mondo interno sia fondante per la strutturazione e la creazione di quello esterno, del nostro stato di benessere o di malattia. La scienza ci ha sempre analizzato e scomposto nelle nostre parti manifeste. L’uomo considerato come un aggregato e non come totalità interagente tra tre entità dinamiche ovvero Psiche, Anima e Corpo.
Noi siamo fusione di queste tre componenti modali e nel momento in cui ci ostiniamo a considerarle come tre dimensioni a sé riduciamo la nostra stessa natura a quella oggettuale. L’emotività è voce della nostra sfera profonda, voce della nostra componente prima, di quel principio immanente che alberga in noi: la nostra Anima. Nel momento in cui sono presenti in modo invasivo emozioni e stati d’animo negativi, a lungo andare anche il nostro corpo fisico a livello concreto sarà in risonanza con lo stesso tipo di linguaggio della sfera della nostra emotività. L’emozione ci avvisa e ci rende consapevoli che qualcosa di noi va cambiato o migliorato, ma soprattutto che l’Amore che ci guida ed è perno della nostra esistenza viene bloccato nella sua massima espressione dalla presenza di energie di polo opposto, che stanno contaminando il nostro essere e a cui noi ci stiamo accordando in modo invasivo e che a lungo andare avranno ripercussioni fortissime sul nostro stato di salute.
La nostra carne parla di noi e in sé contiene e manifesta tutte le tracce del nostro mondo interno. Le cellule del nostro corpo si modificano e cambiano in virtù delle nostre vibrazioni emozionali, di quest’energia profonda che produciamo.
Fare spazio all’amore significa distruggere a livello concreto ogni tipo di energia improduttiva, ogni emozione disturbante che possa ostacolare il nostro massimo benessere fisico e mentale, nonché la nostra felicità.
Articolo di Carmen Di Muro – 30/06/2014
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