La politica da un punto di vista spirituale

La politica da un punto di vista spirituale

La politica è spesso vista come un’arena di conflitti e divisioni, ma cosa accadrebbe se la osservassimo da una prospettiva spirituale? La politica, intesa come gestione delle dinamiche sociali, può trasformarsi in uno strumento per l’elevazione collettiva quando si agisce con consapevolezza, compassione e connessione. Guardare oltre la dualità delle ideologie per comprendere l’interconnessione di tutti gli esseri viventi può aprire nuove vie di dialogo e cooperazione.

Molte persone rimangono scioccate quando dico loro che non ho votato alle elezioni presidenziali del 2008 e che non sono necessariamente un sostenitore di Barack Obama. Ma non sono nemmeno un repubblicano.
Semplicemente, credo che non esista una singola persona in grado di fare quel tipo di differenza che stiamo cercando. Le elezioni presidenziali americane del 2008 sono state davvero le elezioni del cambiamento a ogni costo. La gente sentiva che qualunque cosa sarebbe stata meglio della situazione in cui si trovava. Ma noi abbiamo bisogno di qualcosa in più dell’offerta di speranza o di cambiamento da parte di un partito politico. Non esiste persona o partito o sistema che riuscirà mai a fare tutto ciò che serve, e nemmeno a farne a sufficienza. Il cambiamento deve venire da ciascuno di noi individualmente.
Da un punto di vista spirituale, un leader è soltanto un riflesso della coscienza del popolo. Quindi, quel leader sarà forte e potente solo nella misura in cui lo è la gente che lui serve. I cattivi leader servono a risvegliare in noi il bisogno di agire. Quando vediamo qualcosa che non ci piace nella nostra classe dirigente, ciò acca de per mostrarci quello che dobbiamo riconoscere e trasformare in noi stessi. Non dobbiamo aspettarci che i nostri leader siano perfetti: non lo sono. Dobbiamo aspettarci che i leader lavorino su se stessi e ci indichino, a nostro beneficio, ciò che noi dobbiamo cambiare a livello personale.
Perfino se tutti i Paesi avessero i migliori leader possibili, il mondo continuerebbe a essere imperfetto. Se le leggi della fisica si fossero piegate per permettere ad Abramo Lincoln di servire come presidente degli Stati Uniti per duecento anni consecutivi, il nostro Paese affronterebbe comunque gli stessi problemi che affronta oggi: li affronteremo finché la nostra coscienza rimarrà quella che è.

Le mie convinzioni politiche sono sicuramente influenzate da quelle di mio padre e di mia madre. Quando ero bambino, non abbiamo mai seguito le elezioni presidenziali né le montagne russe cui si assiste nei sondaggi di gradimento di un presidente o di un leader politico. La politica era per noi qualcosa che ormai riguardava solo l’ego, come una nuvola che sembra solida, ma che nella realtà non è altro che fumo. In effetti, mi sono lungamente interrogato sull’opportunità di includere in questo libro un capitolo dedicato alla politica; tuttavia, sapendo che molte persone la considerano una via attraverso cui ottenere il cambiamento, ho creduto che fosse necessario trattare questo tema. […]

Le divisioni create dal nostro attuale sistema politico

È difficile ricucire le divisioni che vengono create dal nostro attuale sistema politico. La politica è qualcosa che dovrebbe unire le persone, e invece tende ad avere l’effetto opposto. Negli Stati Uniti, la presenza di due soli grandi partiti rafforza questa tendenza polarizzante. Molti sentono di dover scegliere da che parte stare e, dopo averlo fatto, di dover mantenere con fermezza il proprio impegno, a prescindere dalle persone e dalle politiche perseguite dai loro partiti. Oggigiorno, ogni schieramento definisce la propria posizione in termini di sinistra e destra, laddove invece le soluzioni spirituali andrebbero trovate, nella maggioranza dei casi, in quella che i buddhisti chiamano «Via di mezzo», e che i cabalisti chiamano «Colonna centrale».
Da un punto di vista spirituale, l’ideale è racchiudere sia il conservatore sia il progressista. Il valore di una mentalità conservatrice risiede nel suo sottolineare la responsabilità che abbiamo nei confronti delle nostre azioni e delle loro conseguenze. Il vantaggio di un modo di pensare progressista è che ci stimola a trattare gli altri nella maniera in cui vorremmo essere trattati e nel profondo senso di soddisfazione che ci deriva dal prenderci cura gli uni degli altri. La politica in genere non funziona proprio perché enfatizza le differenze tra questi due punti di vista ideali, mentre la spiritualità li comprende entrambi.

Per di più, persino i politici di forti convinzioni cambiano continuamente posizione; e questo non perché smettano di credere in quegli ideali, ma perché si ritrovano dipendenti dal potere dell’opinione pubblica. Un ex presidente degli Stati Uniti una volta ha detto: «Durante le elezioni, ci si preoccupa continuamente della necessità di cambiamento e di prendersi cura della gente. Poi però, una volta raggiunta la poltrona, l’unica preoccupazione è restarci».

Anche se non provo interesse per la politica e non vi prendo parte, alcune persone hanno comunque tentato di etichettarmi. Recentemente ho fatto circolare una e-mail in cui incoraggiavo a una maggiore consapevolezza delle tematiche ambientali. Per via di questo mio atteggiamento nei confronti dell’ambiente, molti mi hanno scritto presumendo che io sia un democratico. Perché mai la preoccupazione per l’aria e per l’acqua dev’essere prerogativa solo dei democratici? Perché dovremmo cercare di definirci in maniera così omologante?
Identità e proprietà sono il regno dell’ego. Attraverso l’ego ci vincoliamo a un’ideologia, a un partito politico, a una persona, alle nostre opinioni appassionate e parcellizzate. In poche parole, la politica è inestricabilmente legata all’ego. La spiritualità, per contro, cerca di abbattere l’ego.
Come spiega il rabbino Ashlag, l’ego è quella voce dentro di noi che genera la volontà di giudicare e di controllare, la rabbia, l’orgoglio e persino l’odio. Purtroppo, la maggior parte dei sistemi politici fa emergere nelle persone proprio queste caratteristiche, invece di avvalorare le virtù della tolleranza, della dignità umana, della sollecitudine verso gli altri che, in teoria, i nostri leader vogliono incoraggiare.

Non esistono assoluti. Ogni volta che qualcosa muove in quella direzione, state attenti: è in azione l’ego. Soltanto l’ego vuole che le cose siano bianche o nere, giuste o sbagliate: vuole sentirci dire che siamo tutto o che siamo niente, che siamo Donald Trump o che siamo nessuno.

«Il potere assoluto corrompe in modo assoluto», ha scritto Gorge Orwell. Come mostrano i personaggi del suo romanzo, La fattoria degli animali, dare a qualcuno il potere assoluto lo rende inevitabilmente smanioso di controllo, di costringere gli altri a fare tutto ciò che vuole lui. Vista in questa prospettiva, la rivoluzione sociale che avviene nel libro è condannata fin dal principio, nonostante il fatto che in un primo momento avesse espresso un ottimistico codice di tolleranza: «Nessun animale divenga tiranno ai suoi simili. Deboli o forti, intelligenti o sciocchi, siamo tutti fratelli».

Il presidente Nixon cercò di invocare l’autorità del ramo esecutivo per nascondere quei nastri incriminanti a chi li stava cercando, compreso il procuratore speciale. Di sicuro, tutti i presidenti e gli uomini al potere sono particolarmente soggetti a questo tipo di eccessi, ma la verità è che nessuno di noi è esente da un modo di pensare incentrato sull’Io. È l’ego che, con l’inganno, ci induce a credere che siamo legittimati a fare tutto ciò che è necessario per prevalere su coloro che percepiamo come i nostri nemici.

Passi tratti dal libro
La Kabbalah e il potere ogni cosa
Come usare il potere della mente per attuare una trasformazione esistenziale e globale
di Yehuda Berg

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