La realtà è talmente ricca e complessa che per mille motivi finiamo per coglierne solo alcuni aspetti.
Cosa accadrebbe se facessimo caso a ogni minimo dettaglio attorno a noi? Forse perderemmo il senso di ciò che ha priorità, ma senz’altro ci renderemmo conto che mentre viviamo ci dimentichiamo di assaporare la vita stessa.
Lavarsi i denti può espandere la nostra coscienza e la nostra percezione della realtà?
È quello che faccio ogni mattina ma vi assicuro che non sono diventato un santone. Però ho capito alcune cose importanti sulla mia vita. Ora vi spiego come procedo e poi vi parlerò delle mie conclusioni.
Sono in bagno. Mi trovo davanti al lavandino, mi guardo attorno e vedo il dentifricio poggiato a caso, sul bordo alla mia destra. Prendo col pollice e l’indice lo spazzolino da denti dal collo e comincio a squadrarlo per bene. E intenzionalmente faccio caso a come lo prendo e a tutto il resto. Vedo le stole costituite da colore alternato bianco, azzurro, giallo. Forse non è giallo; mi sa che è arancione o verde: non saprei dato che sono daltonico. Ma questo non è un vero problema. Ci ho solo fatto caso e questo è un bene.
Con l’indice della mano destra tocco lievemente la parte posteriore dello spazzolino e lo sento un po’ appiccicoso: è morbido al tatto. Se lo giro c’è un simbolo, sembra una mezza luna e poi più sopra ci sono scanalature per rendere l’impugnatura più ergonomica e sicura caso mai scivolasse dalle mani (cosa che ritengo alquanto improbabile). C’è una scritta molto piccola: sembrano dei numeri oppure una sigla. La prossima volta guarderò meglio.
La luce che giunge sulla scritta riflette in maniera diversa a seconda di come muovo lo spazzolino. Mi piace vedere il gioco di luce e ombra che si viene a creare. Qualche setola dello spazzolino è più alta delle altre: c’è qualche imperfezione, soprattutto nella parte sinistra. Ha un odore di plastica e dentifricio. Sento questo mentre la mia attenzione viene catturata dalla parte superiore, sul retro delle setole, che assomiglia a una piccola suola di scarpa. Chissà perché avranno prodotto uno spazzolino del genere. Ma cerco di tornare al presente.
Aprendo il rubinetto del lavandino con un po’ di forza, un primo schizzo arriva sul mio petto nudo. Fresco ma un po’ fastidioso: non voglio bagnarmi tutto eppure è quello che dovrò fare. Quando il sifone del lavandino si riempie totalmente, l’acqua comincia a schizzare a ventaglio, in maniera radiale e le gocce arrivano a colpirmi ancor di più. Non è più così fastidioso. Il suono dell’acqua cambia mano a mano che il lavandino si riempie: da sordo diventa acuto.
Prendo il tubetto del dentifricio con la mano destra, svito il tappo e c’è ancora la linguetta di alluminio per proteggere la fuoriuscita della pasta. Passo il dentifricio sullo spazzolino e percepisco leggere vibrazioni sulle setole. Il colore è azzurro, o almeno credo sia così. La consistenza è gommosa. Sto perdendo troppo tempo? Ho fretta di andare da qualche parte? Se ci penso non sento quel che sta accadendo.
È arrivato il momento di lavarsi i denti. Percepisco il fresco odore di menta e metto in verticale lo spazzolino solo per vedere se la pasta dentifricia posta sulle setole cade giù o rimane appiccicata. Cavolo, il rubinetto è ancora aperto. Crea una cascata di goccioline proprio sotto al mio spazzolino che ho deciso di inumidire. Così la pasta dentifricia riflette ancora di più la luce. Mi viene da ridere perché mi accorgo che le mie labbra sono automaticamente poste in maniera da accogliere in bocca lo spazzolino da denti. Non ci avevo mai fatto caso! Ma sono io a guidare le mie azioni? Oppure c’è un pilota automatico?
Il rumore delle setole sui denti è come una retina con cui premo delicatamente per non irritare le gengive. Bevo per sciacquare la bocca mentre poggio le braccia sul lavandino. Mi risciacquo poggiando lo spazzolino al suo posto. Ne approfitto per sciacquare anche gli occhi ancora chiusi dal sonno. Con calma dalla parte interna verso le tempie poi scendendo giù sino alla mia barba metto le mani a coppetta per bagnare pure la fronte. Prendo l’asciugamano. È morbido, ha dei rilievi a forma di rosa. Le braccia ancora colano e non mi ero accorto che un rigagnolo di acqua era arrivato sino al gomito. Fa un po’ il solletico. Ho gli occhi chiusi per sentire meglio l’odore di bucato dell’asciugamano. Un bel respiro per sentire l’aria nei miei polmoni.
Vi rendente conto di quante cose ho sentito, visto, percepito nel solo atto di lavare i denti? Ed ogni volta noto qualcosa di diverso. Ha senso farci caso? Solo per ricordarci che molte cose della nostra vita sono gesti automatici. Pensieri, azioni, tutto automatico. E la vita ci scorre davanti dimenticando di guardare le cose con più profondità, dimenticando di fare caso a quel che sentiamo, alle nostre sensazioni, emozioni. E diventiamo sempre più incapaci di capire noi stessi e il mondo.
E poi, solo il fatto di fare caso alle piccole cose, guardarle come se le stessimo guardando per la prima volta, può arricchire la nostra creatività e la nostra intelligenza. E sì, perché noi continuiamo ad apprendere giorno per giorno ed è altrettanto facile disimparare sconfinando nella banalità e nella routine.
Oggi ho deciso di arrampicarmi sull’armadio e di studiare lassù. Chi me lo vieta? È strano? Assurdo? Bizzarro? Non fa niente. Le cose nuove mi aiutano a mantenere la mente aperta alle possibilità, creativa, viva. Se non fossi un po’ strambo non mi sarei mai laureato in psicologia. Se non sentissi che nella mia vita c’è molto di più di quel che credo, continuerei ancora a lavarmi i denti come tutte le altre persone del mondo. Chissà, magari proverò a lavarmi a testa in giù solo per lo scopo di sperimentare, sentire, registrare nella mia esperienza qualche novità. Tutto questo fa bene al cervello perché ci aiuta a essere più elastici. È come una specie di palestra per imparare ad abbattere le abitudini limitanti. L’importante è far caso alle sensazioni, al proprio corpo, a tutto quel che ruota nell’istante presente, nel qui e ora. E voi, avete voglia di provare? Se la risposta è affermativa, siete pazzi come me; ma almeno volete imparare…
Giuseppe Al Rami Galeota è dottore in scienze e tecniche psicologiche. Si occupa di astrologia dal 1996. È un ricercatore indipendente, artista, scrittore.