La pratica del perdono ci libera da sentimenti negativi e risveglia le frequenze benefiche dell’amore.
Buddha diceva “Perdona, non perché gli altri meritino perdono, ma perché tu meriti la pace!”.
Perdonare non è dunque un segno di debolezza, ma un atto di coraggio e di amore nei confronti di sé stessi.
Coloro che non perdoniamo alla lunga possono tenerci prigionieri, invadere i nostri pensieri e a distorcere la realtà in cui viviamo.
Con il perdono li lasciamo andare, e guariamo dalla dipendenza dal rancore che è una bestia pericolosa nonché potenzialmente tossica.
(Leggi anche: Il vero significato del rancore, la storia dei due monaci)
Da uno studio dell’American Psychological Association si evince inoltre che, tra le altre cose, perdonare:
- facilita la guarigione psicologica attraverso i cambiamenti positivi;
- migliora la salute fisica e mentale;
- ricostruisce il senso di potere personale di una vittima;
- aiuta a portare riconciliazione tra le parti;
- diminuisce lo stress psicologico.
COME AVVICINARSI AL PERDONO
Per iniziare questo viaggio verso il perdono è necessario che prima si comprendano le conseguenze del non-perdono.
Quando si subisce un ingiustizia la cosa più semplice è lasciarsi prendere dalla rabbia e dal risentimento.
Queste sono emozioni che inibiscono la nostra capacità di ragionare e di considerare le conseguenze delle nostre azioni.
Sono emozioni che possono rendere aggressiva anche la persona più mite, che possono farci fare e dire cose che in uno stato mentale normale non faremmo e diremmo mai.
Le persone forti sono quelle che nonostante gli impulsi vendicativi riescono a concentrarsi sul perdono, quelle che si rendono conto che mentre la rabbia rende schiavi, il perdono libera.
UN ESEMPIO DI PERDONO IMPOSSIBILE
Per darti un esempio di cosa può fare la forza del perdono – e un termine di paragone per tutte le volte in cui credi di aver subito un grave affronto – pensa alla storia di Linda Biehl.
Sua figlia Amy aveva solo 26 anni quando è stata uccisa in Sud Africa durante una manifestazione contro l’apartheid.
Dopo alcuni anni dalla sua morte, Linda torna a Cape Town per fondare un’associazione che aiuta i poveri e i malati in Sud Africa e – con un gesto che verrà considerato da tutti un grandissimo esempio di forza e coraggio – arriva persino ad assumere due degli assassini di sua figlia.
A suo dire, non è stato per niente facile perdonare.
Per farlo Linda ha dovuto prima comprendere che non è stata la cattiveria ma le condizioni di estrema povertà che hanno fatto emergere la frustrazione che ha portato alla follia omicida.
Per questo ha deciso di dare il suo contributo per debellare la miseria in Sud Africa, per fare in modo che quello che è successo a sua figlia non capiti mai più a nessun altro.
La mia esperienza personale con il perdono
Ben lontano dall’avere la forza di Linda, c’è stato un tempo in cui i comportamenti (che giudicavo come) scorretti nei miei confronti non mi facevano dormire la notte, in cui una frase come “adesso gliela farò pagare” mi dava l’illusione di avere forza e controllo.
Ma sai dove mi ha portato questo atteggiamento?
Da nessuna parte.
Non ricordo un singolo esempio in cui rimuginare mi abbia fatto stare meglio ma ricordo perfettamente innumerevoli pomeriggi infelici passati ad arrovellarmi per uno sgarbo subito.
Imparare a perdonare e a lasciare andare è stato per me un atto liberatorio, perché ho capito che se uno ti da un pugno e tu gliene dai un altro i due gesti non si annullano, ma si amplificano a vicenda rendendo la vita di tutti più stressante e meno felice.
Praticando il perdono con un cuore aperto si arginano le conseguenze distruttive della ritorsione ad libitum diventando finalmente liberi dall’opprimente peso del risentimento.
E sarà anche un utopia immaginarlo ma se tutti lo facessero, se tutti imparassero a lasciar andare e a comprendere le motivazioni che hanno portato l’altro a sbagliare, il mondo diventerebbe un posto più gentile in cui vivere, un posto più ospitale.
Trova altri articoli come questo sul blog dell’autore.