Lavorare sul Karma secondo me è un atto di coraggio, come è un atto di coraggio decidere di reincarnarsi, perché decidere di riprendere un corpo e tornare in una vita con tutte le conseguenze, significa che voglio vedermela fino in fondo. Migliaia di maestri ci dicono di stare nel presente e di meditare. “La verità vi renderà liberi” diceva Gesù.
La storia della reincarnazione è stata nascosta per millenni perché se la verità vi rende liberi, non c’è bisogno di una religione che vi comanda.
Anche il lavoro su di sé, che inizialmente era semplicissimo, è stato complicato di proposito.
Molti testi del ‘600, ad esempio, sono stati criptati per non poter trasmettere quelle conoscenze che son semplicissime ma non si è voluto far arrivare.
Intanto ringraziamo la legge universale che è il Karma, che non ci fa ricordare le passate reincarnazioni, perché il peso di una vita è più che sufficiente. Quindi la memoria della vite passate è molto interessante se ogni memoria diventa veramente uno strumento utile di miglioramento, altrimenti è solo un altro peso da portarsi dietro.
In rarissimi casi ha veramente riattivato la guarigione, perché per permettersi quello, bisogna lasciarsi veramente andare: è come guarire dai traumi di questa vita. Dobbiamo avere il coraggio di riportarli a galla, perdonare, pulire, comprendere profondamente e andare oltre; tanto più ciò è necessario per le vite passate.
In alcuni casi si è visto veramente sparire dolori fisici, guarire da traumi, blocchi da sentimenti e altre cose: bisogna vedere come viviamo quel momento, cosa ci portiamo dietro, altrimenti rimaniamo solo conoscenza e basta.
La legge del karma è complessa, fate tesoro di questi strumenti, ma soprattutto cercate di attingere a quelle tracce che vi vengono anche spontaneamente: la legge del karma è un attivazione complessa, e noi lo mescoliamo tanto con il senso della punizione cristiano cattolica. È una legge che presiede a un’unica finalità, che è l’evoluzione di tutti, quindi è inutile affrontare il karma se non per lo scopo di evolversi.
Intanto, la parola Karma significa “creare”, “agire”: se già il karma implica un’azione, capite bene che lavorare sul Karma significa compiere delle azioni e delle decisioni. Non siete solo in una forma di ricezione passiva, perché Il Karma, o lo agite voi, o vi agisce lui. È una forza che si muove, è una risposta a una azione, corrisponde a una legge che è quella del Dharma, che è la legge dell’equilibrio in tutte le sue forme.
Come viene ripartito questo equilibrio? Con benevolenze o danni, a seconda dell’azione compiuta: quindi ogni cosa che attraversate nella vostra vita e’ semplicemente una risposta o una reazione a pensieri, desideri, azioni attivati in un passato remoto fatto delle varie esperienze della storia della vostra anima; e che deve essere ancora risolto in un passato che riguarda questa vita e nello stesso tempo nella responsabilità che questa vita creerà a sua volta.
Quindi stare davanti al Karma vuol dire guardare la storia della propria anima: cosa sono qui a fare? A rispondere all’evoluzione del Karma del momento e non crearne altro. Quindi non si risolve solo sapendo la storia, ma attraverso quest’ultima mi sintonizzo su quella che è la mia essenza, il mio valore primordiale. La mia essenza ogni volta che ha deciso di rientrare in un corpo fisico l’ha fatto per continuare a svolgere la propria missione.
Per prima cosa bisogna riconoscere che ognuno di noi ha la propria storia. Ognuno di noi ha una missione da compiere, e non la si compie da soli, ma in connessione con molta gente.
“Non da soli” è fondamentale, perché il vero male che esiste in questa terra è l’egoismo da superbia, è quello che ci impedisce di evolverci. Anche per il cattolicesimo la superbia era il male di Lucifero: senza la sua storia, saremmo stati tutti angeli, e ognuno di noi avrebbe potuto arrivare alla sua evoluzione e quindi alla sua perfezione; e quindi, al cospetto di Dio. Quello che ci impedisce di farlo è la superbia e l’egoismo.
Pertanto, non esiste una colpa, ma il vero male, che noi paghiamo attraverso il dolore: che non è una punizione ma è una conseguenza di una non presa di coscienza.
Tarika Di Maggio, presidente AMA